La fotografia come strumento autobiografico. Rosy Sinicropi e il percorso di educazione all’immagine di INSIGHT
INSIGHT Foto Festival si attesta, già dalla sua prima edizione, come propulsore di percorsi di educazione all’immagine grazie ai laboratori attivati con il Liceo Classico E. Cairoli di Varese condotti dalla fotografa e nostra responsabile didattica Rosy Sinicropi, in cui la fotografia è strumento autobiografico, individuale e collettivo, per arrivare ad una più profonda conoscenza di sé e a una narrazione visuale personale.
Un percorso dedicato ai giovani: a loro il compito di fare in modo che la fotografia sia sempre più strumento per produrre significati e attivare trasformazioni individuali e sociali. In particolare, il tema della prima edizione, l’Identità, è stato per i ragazzi una possibilità di utilizzo della fotografia per facilitare la comprensione delle trasformazioni legate alla loro età. La fotografia è un potente strumento di narrazione, di cui spesso proprio gli adolescenti fanno un uso inconsapevole. Siamo tutti immersi dentro un oceano quotidiano di immagini di cui spesso fruiamo velocemente e superficialmente.
Far riflettere i giovani con una modalità pratica sul valore implicito delle immagini permette di stimolare una maggiore capacità critica nella visione delle stesse.
Al progetto ha partecipato una classe del quarto anno del Liceo Classico, la seconda liceo sezione A, con la preziosa collaborazione del professor Enzo Laforgia che ha subito creduto nel progetto educativo INSIGHT. A tal proposito Rosy afferma “quando abbiamo proposto alla scuola di partecipare al progetto didattico del festival la risposta è stata presto positiva. La scuola aderisce normalmente a diversi progetti del territorio, tra l’altro la classe coinvolta aveva già partecipato in passato ad un corso di tecnica fotografica e quando abbiamo proposto un workshop sull’educazione all’immagine l’interesse è stato immediato.”
Il percorso è stato impostato affinché i ragazzi potessero raccontare una parte del loro mondo attraverso la fotografia, in modo da permettergli di mostrare il loro lato più nascosto, quegli aspetti meno visibili che, comunque, sono una parte di noi e formano quell’identità che, in particolare negli adolescenti, è in continuo movimento.
Rosy Sinicropi grazie a questo laboratorio ha riscontrato come gli studenti abbiano deciso di non pubblicare immagini di se stessi, ma promuovere fotografie che raccontassero il loro sguardo sulla realtà, il loro punto di vista. La stessa fotografa ci racconta: “quando i ragazzi hanno colto che era importante quello che ‘loro’ volevano comunicare attraverso il ‘loro’ punto di vista e nel ‘loro’ modo, è come se fosse scattato qualcosa per cui si sono sentiti liberi di esprimersi senza la preoccupazione che il lavoro potesse essere giusto, sbagliato o sufficiente. Questo ultimo anno è stato complicato e per molti, giovani e meno giovani, è stato difficile. Emotivamente siamo stati messi duramente alla prova e trovo importante che per questo gruppo di ragazzi si sia creato un’ulteriore spazio espressivo”.
Il percorso laboratoriale è stato diviso in tre fasi di lavoro: nella prima parte gli studenti hanno esplorato il mondo della fotografia; nella seconda, attraverso il lavoro individuale e collettivo, i ragazzi hanno cominciato a dare forma al proprio progetto e la terza e ultima parte prevede l’allestimento e la preparazione dell’esposizione durante la quale i ragazzi saranno coinvolti.
Il risultato finale, infatti, di questo percorso di educazione all’immagine sarà una mostra denominata Il segreto dei miei occhi, visibile, durante il festival, sotto il porticato di Palazzo Estense a Varese.
I progetti fotografici sono piuttosto eterogenei, così come diverse sono state le scelte progettuali: alcuni hanno puntato la macchina fotografica su di sé, altri hanno guardato il mondo intorno a loro, altri hanno fatto un viaggio nel tempo e nello spazio. C’è chi ha raccontato i giorni del lockdown, chi ha fotografato le sue grandi passioni, chi ha cercato vecchie fotografie di famiglia e chi ha scelto di guardare dritto in camera. Rosy, durante il laboratorio, ha notato che gli studenti avevano tutti un grande desiderio di raccontarsi e una grande profondità di sguardo. Ha percepito la loro fatica e, al contempo, il loro desiderio di uscire da questo momento difficile e crede che l’utilizzo delle immagini sia stato per loro il primo passo per uscire da questa condizione di disagio.
Rosy aggiunge “mi hanno sorpreso molto positivamente con idee di mostra creative e originali. Qualcuno sta pensando anche di uscire dalla logica della foto stampata per creare delle installazioni che abbiamo sempre al centro l’immagine fotografica ma che permettano un’interazione con il pubblico. Il telefono è stato lo strumento più utilizzato, c’è però chi ha approfittato del workshop per sperimentare l’attrezzatura fotografica presente in casa utilizzando macchine fotografiche sia compatte che reflex. Solo una persona ha utilizzato la Polaroid”.
A questo punto, non ci resta che attendere l’inizio del festival per conoscere questi ventun progetti sull’identità.
Il programma degli eventi con le aperture è disponibile online:
Chi è Rosy Sinicropi | Responsabile didattica INSIGHT Foto Festival
Fotografa e ritrattista, dopo anni di lavoro nell’ambito della cooperazione sociale, ha deciso di lavorare nel mondo della fotografia, portandosi dietro tutte le competenze della precedente professione.
Conduce workshop in cui utilizza la fotografia come strumento autobiografico, personale e collettivo, condividendo con le persone la macchina fotografica, per arrivare ad una più profonda conoscenza di sé.
Allieva dell’artista Cristina Nuñez e dal 2012 organizza workshop SPEX come strumento di auto-narrazione, in Italia e all’estero.
Nel 2018 ha pubblicato ‘Coordination denied’, un libro fotografico al cui interno è presente il progetto di Vento di Terra. Le foto di Rosy e Jacob Balzani Lööv mostrano uno stato dove i muri e le separazioni sono diventate la normalità. In realtà il progetto non ha mai avuto fisicamente luogo poiché le autorità israeliane, poche ore prima del loro arrivo in Israele, hanno negato l’accesso agli autori. Hanno deciso, tuttavia, di portare avanti il loro workshop e la difficoltà stessa di raggiungere i propri studenti è diventata fonte di ispirazione per il libro.