L’obiettivo di Giovanni Mantovani? Raggiungere il peso che aveva alla sua nascita: 2650 g
Giovanni Mantovani vive e lavora a Brescia. Si laurea in Arti Visive – indirizzo Fotografia – presso la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia.
Il suo lavoro Vìte [‘vite] sarà esposto a Sala Veratti a Varese durante il festival. Questo progetto ha la funzione di catalogare attraverso la fotografia oggetti che involontariamente l’autore incontra per strada, nello specifico le viti che nel tempo ho trovato per terra.
Lo affascina l’idea che questi oggetti caduti a terra un tempo tenevano unite cose differenti che ora sono irreparabilmente separate.
Il progetto è work-in-progress e l’obiettivo finale è di raggiungere il peso che avevo alla sua nascita: 2650 g.
Come nascono i tuoi progetti fotografici, qual è il processo?
Per i miei progetti fotografici attuo un processo in cui stabilisco delle regole ben precise e aspetto che all’interno di questo spazio si sviluppi il lavoro.
Quali sono le tue fonti di ispirazione?
Le mie fonti d’ispirazione sono molteplici: dal cinema, alla letteratura di ogni genere e all’arte. Amo quando il libro diventa uno spazio architettonico in cui sviluppa il lavoro dell’artista: una vera opera d’arte in formato libro.
Che cos’è per te l’identità?
L’identità ha inizio con un dato scientifico. Il peso alla nascita è il primo punto di riferimento da dove tutti noi partiamo. Ancora prima del nome veniamo identificati con il peso. Nel mio caso 2650 grammi.
E come il mezzo fotografico può raccontarla?
Nel mio caso la macchina fotografica registra l’oggetto trovato salvandolo dall’oblio, non cerco semplicemente di estetizzare l’oggetto ma di restituirlo per ciò che è, la dimensione delle viti corrisponde infatti a quella reale con l’unica differenza che la fotografia mi permette di rendere eterno un oggetto.