Francesca Macis e la ricerca di risposte e domande attraverso l’immagine fotografica
Francesca Macis esporrà a Insight Foto Festival il progetto fotografico La pelle che vesto ai Magazzini TuMiTurbi e sabato 11 maggio alle ore 17.00 ci sarà la possibilità di conoscere l’autrice.
La sua pratica indaga il concetto di immagine e rappresentazione; sfrutta lo spazio visivo per creare narrazioni, coinvolgendo lo spettatore in riletture originali della realtà all’insegna dell’ambiguità e dell’immaginazione.
In questi giorni l’abbiamo intervistata e ci ha raccontato molte cose del suo processo creativo.
Come nascono i tuoi progetti fotografici, quali sono il processo e le tue fonti di ispirazione?
I miei progetti fotografici nascono da un lungo processo di riflessione. Solitamente delle idee estemporanee si trasformano in chiodi fissi nella mia mente che con il passare del tempo decido di sviluppare e approfondire attraverso lo studio.
Da quel momento inizia un processo abbastanza lungo, in cui spunti iconografici e idee nate dalla ricerca si sommano e confrontano formando l’ossatura del lavoro.
Una parte importantissima delle mie opere è però affidata e costituita grazie alla serendipità, che si integra nella mia pratica in modo che la casualità si possa fondere con la costruzione logica, arricchendola con l’intuizione e aprendola all’interpretazione e all’ambiguità.
Solitamente la creazione dei lavori parte dal mio vissuto personale, da sensazioni e da elaborazioni che esterno attraverso le opere.
Che cos’è per te urgente?
Per me urgente è vivere ed essere al mondo in maniera consapevole.
E come il mezzo fotografico può raccontare questo tema?
Il mezzo fotografico ha un legame privilegiato con questo tema perché ha una connessione speciale con la realtà, sovrapponendosi a essa, imitandola e creandone una nuova o alternativa all’interno dell’immagine.
L’invenzione stessa della fotografia racconta di un’urgenza di confronto con la realtà, con connotazioni differenti, da una parte un’urgenza sociale, nel versante francese, dall’altra un’urgenza più lirica e gnoseologica, di confronto con l’inconoscibilità dei fenomeni nel contesto inglese.
Credo che queste due anime della fotografia fuse insieme dal tempo siano ancora ciò che ci spinge a scattare e cercare nell’immagine risposte e domande con cui affrontare la vita.