Coprogettare e curare un Festival. Chiara Del Sordo e una nuova sfida professionale
La fotografa Chiara Del Sordo collabora con Daniela Domestici nella progettazione di INSIGHT Foto Festival.
Per lei la fotografia è volontà espressiva, condivisione di vissuti e significati e riconoscimento di sé e dell’altro. La sua ricerca si concentra sul vivere quotidiano, sulle origini e soprattutto sull’identità, tema tra l’altro su cui si struttura l’intero festival.
In questi mesi è stata chiamata a sviluppare un nuovo festival di fotografia nella città di Varese. Siamo andati a intervistarla per comprendere come ha risposto a questa nuova sfida professionale.
Sei stata coinvolta da Daniela Domestici per la progettazione e l’organizzazione di questa prima edizione. Come hai accolto questo invito?
Quando Daniela mi ha raccontato la sua idea del festival ho subito riconosciuto nella sua visione inclusiva e partecipata uno stesso modo di pensare la fotografia, in equilibrio tra valore artistico e autoriale e strumento di ricerca e narrazione di sé.
Ed è stato subito chiaro per entrambe il comune desiderio di diffondere a più persone possibile la capacità espressiva e trasformativa della fotografia, come mezzo di relazione e di comunicazione tra individuo e collettività, tra mondo dell’arte e mondo reale.
Un’altra spinta ad accettare l’invito di Daniela è stato il sentire che questo festival è per me la possibilità di mettere insieme, in un unico progetto, tutte le mie conoscenze ed esperienze professionali anche precedenti la fotografia. Una sfida personale, quella di tenere insieme tutte le mie identità e da questo insieme generare qualcosa di nuovo.
E poi la sintonia con Daniela…naturale e istintiva, una comunione di valori e visioni che è stata subito chiara: la capacità di portare ognuna, in un progetto condiviso, la propria diversità, con rispetto e fiducia.
L’identità è il tema di elezione di questo neo festival e materia di studio della tua ricerca fotografica. Perché è diventata oggetto del tuo lavoro artistico? E come la fotografia può indagarne ogni aspetto?
Il desiderio di esplorare l’identità attraverso la fotografia è nato da una forte esigenza personale: guardami e guardare la mia storia in una rappresentazione che io stessa ho creato.
Cosa dice di me? Cosa posso ritrovare o scoprire di nuovo?
È stato con il mio primo autoritratto, poco più di tre anni fa, che ho iniziato il mio percorso artistico, nel tentativo di trovare un senso alle vicende umane più intime a partire dalla mia storia personale.
La fotografia è ripiegamento su una dimensione privata, possibilità di osservazione e lettura di me stessa. I miei ultimi lavori sono microstorie autobiografiche che nascono come rappresentazione di un flusso emotivo e come atti performativi che nel loro compiersi e definirsi in una forma mi permettono di vedere una direzione e di trovare i punti di continuità e di rottura della mia vita, il senso di questo flusso e dell’intera storia.
Altrettanto desidero che la mia esperienza dialoghi con lo sguardo dell’altro, creando una connessione con la sua storia personale, allo stesso modo in cui INSIGHT ha come obiettivo mettere in relazione le storie individuali degli autori o dei loro soggetti con chi le osserva in un reciproco riconoscimento.
In una fotografia coesistono passato, presente e visione al futuro, mondo fisico, psichico, individuale e sociale. Per questo la fotografia può svelare e tracciare il divenire di un percorso identitario. Ed è questo il focus di INSIGHT, una fotografia che nella contemporaneità della sua estetica e capacità narrativa consente scoperta, esplorazione e conoscenza.
Cosa ti ha spinto a scegliere il linguaggio della fotografia nel tuo percorso artistico?
Il mio percorso artistico nasce con la fotografia. Non ho dovuto scegliere tra altri linguaggi: la fotografia era casualmente lì nel momento in cui ho iniziato ad avere una nuova coscienza di me e ho sentito la necessità di esprimere questa rinascita attraverso un linguaggio non verbale.
Lo studio della fotografia e poi della fotografia terapeutica hanno confermato quanto questo sia il linguaggio giusto per me, per soddisfare il bisogno di raccontare la dimensione privata dell’esistenza, capace di tenere insieme ricerca di un senso nuovo e legame con il referente reale.
Come può aiutarti il tuo punto di vista da fotografo nella realizzazione di un festival? E in cosa può essere, a volte, un limite?
Della fotografia mi aiuta l’averla sperimentata come espressione artistica: l’aver immaginato soluzioni espositive e possibilità di unire linguaggi diversi, l’aver giocato con elementi materici, l’aver recitato davanti all’obiettivo.
È la mia curiosità verso ciò che è stato fatto da altri e ciò che potrei fare con le mie fotografie che posso, da fotografa, donare al festival: uno sguardo creativo che tende alla concretezza.
Ma è soprattutto l’insieme di tutte le esperienze professionali e vicende umane che ho vissuto che facilita quella visione strategica e d’insieme e quella capacità di far emergere e generare che metto nella co-progettazione, con Daniela Domestici e il resto del team, delle diverse anime di INSIGHT.