Il tema dell’identità crea dialogo e condivisione
Il tema di INSIGHT Foto Festival è stato l’identità: un concetto complesso che racchiude in sé molteplici significati. Ad una prima impressione potrebbe sembrare un argomento che punta alla dimensione interiore, chiusa e difficilmente accessibile dall’esterno.
Eppure al Festival ho trovato l’opposto: ho incontrato un grande desiderio di raccontare questa identità, di condividerla e soprattutto di lasciare che anche gli stessi visitatori entrassero in contatto con l’identità degli artisti in un dialogo costruttivo.
Vorrei raccontare questa bella esperienza di condivisione, partendo dalla mostra che più di tutte nasce da un desiderio di dialogo e senso di comunità: è la mostra collettiva “Qui, altrove” organizzata dal duo artistico VOCE, ossia da Matteo Spertini ed Erica Belli.
Lui graphic designer, lei fotografa e artista, insieme si sono specializzati in progetti di fotografia partecipativa, come Gente di Lago e Ondamaggiore, ad esempio.
Per INSIGHT, il collettivo VOCE ha pensato di lanciare una call aperta a tutti e raccogliere le immagini del territorio della provincia di Varese che rispondessero alle domande: è un luogo del territorio in cui ti identifichi? É uno spazio in cui ti senti in sintonia con la natura? Quali giardini, parchi, boschi, acque, alberi fanno parte della tua storia?
L’identità di ciascuna persona che ha partecipato è stata raccontata attraverso i propri luoghi d’infanzia, la residenza di un tempo, la terra di vacanza…Tutti i contributi ricevuti sono stati organizzati dai ragazzi di VOCE e inseriti in un allestimento davvero valorizzante. Il racconto per immagini si è completato anche con la registrazione audio di contenuti testuali ricevuti dai cittadini che era possibile ascoltare mentre si guardavano le immagini raccolte ed esposte.
Si sono poste le basi per la costruzione di un’identità collettiva in qualche modo, che si compone delle memorie di ciascuno e lega tra loro diversi luoghi del territorio provinciale.
Partendo dalla dimensione personale e intima del ricordo, si arriva ad un’immagine-collage e una voce corale, che rappresenta un territorio secondo le percezioni di chi lo vive o lo ha vissuto. Certo il progetto meriterebbe un seguito e tempi più lunghi per alimentare questo dialogo e costruire insieme alla popolazione una vera identità collettiva. Ci auguriamo che in futuro ci sia sostegno necessario a continuare questo bel progetto di identità territoriale condivisa.
Quella del collettivo non è stata l’unica iniziativa che ha spinto molto sull’identità come relazione e contatto con l’altro: ha creato qualcosa di altrettanto interattivo Jessica Raimondi con la mostra “Guideline”, di cui ho raccontato parlando di identità e luoghi. Nel caso di “Guideline” l’interazione con il pubblico è stata totalizzante: perché l’esposizione stessa è stato il risultato dell’azione del pubblico. I visitatori hanno allestito la mostra scegliendo come applicare le fotografie a parete. In questo modo il paese natale della nonna di Jessica Raimondi, quindi un luogo fortemente personale, è stato affidato alla sensibilità e alle mani degli altri. Un senso di identità mutevole e fluido che è stato molto apprezzato giudicando da quante persone sono intervenute.
Infine c’è stato un altro progetto che si è diretto verso una ricerca dell’altro per trovare compimento o per andare oltre: si tratta della mostra di Camilla Miliani dal titolo “Difettosa”. L’artista è partita da un’indagine molto personale e introspettiva: la sua fotografia, immersa in un’atmosfera quasi surreale, racconta della malattia che attraversa l’artista, la devasta, la scuote e la lascia senza forze. Questo rapporto così personale con il dolore ha assunto anche una dimensione condivisa: Camilla ha infatti deciso di chiedere ai visitatori di raccontarle in forma anonima la propria esperienza di dolore, la propria “ferita” scrivendo un bigliettino e lasciandolo in una scatola chiusa. Materiale prezioso e custodito con rispetto e delicatezza dall’artista che potrà essere spunto per nuove ricerche per immagini. La ricerca di Camilla, della propria identità, muove quindi dalla dimensione più intima, dentro sé stessa ma va verso l’altro, alla ricerca di condivisione, di comprensione e di un senso di comune sentire.
Grazie a lavori come quelli che ho cercato di raccontare, ho compreso quanto la fotografia possa essere mezzo espressivo e artistico sì, ma soprattutto un mezzo per creare relazioni, per individuare punti di contatto tra esperienze così personali come la memoria, la storia di famiglia o la vita e il dolore. Fotografia come mezzo potente che contribuisce a unire, ad avvicinare e aprirsi all’altro.
Ph. Matteo Cavadini e Matteo Canevari