Beatrice Orsini

Beatrice Orsini
 

Beatrice Orsini (1976) approda alla scrittura con la silloge poetica “Anche l’acqua ha sete” edita per Controluna nel 2018, cui hanno fatto seguito pubblicazioni su diverse antologie poetiche.

Successivamente, inizia a dedicarsi parallelamente a una ricerca con il mezzo fotografico, centrato sull’autoscatto, in cui indaga il corpo in situazioni performative

Dal 2020 prende avvio un percorso più strettamente performativo con azioni dal vivo.

Separazioni

L’imprevisto, l’imponderabile, l’incontro – che può anche divenire scontro, talvolta con esiti catastrofici – entra nelle nostre vite sia come causa esterna travolgente sia come sentimento di estraneità che ci contamina da sempre. 

La nostra epoca sembra non consentire una condizione di sicurezza, lasciandoci esposti a una condizione di vulnerabilità che difficilmente permette di accedere a una dimensione riparatoria, men che meno risarcitoria. L’incertezza aleggia ovunque e tocca tutte le coordinate esistenziali, da quelle macro a quelle micro, da quelle sociali a quelle più intime e personali: non esiste un’architettura sotto cui trovare protezione.
All’urgenza, dettata da un bisogno del singolo, la collettività non può dare risposta, tantomeno immediata.
La perfomance mette in scena il rapporto tra privato e sociale in una chiave in cui l’urgenza da appello all’altro fa ritorno sul singolo e lo investe della responsabilità
di includerla in una nuova esperienza di cambiamento.

Perché una tegola? Per estensione metonimica, essa è una parte a rappresentanza di un tutto; simbolicamente è ciò che rimanda a una condizione di protezione e di sicurezza e definisce dei confini. Quando queste sicurezze si sgretolano, essa è ciò che rimane: un residuo inutilizzabile che ha perso la sua funzione d’uso. Concretamente, è l’oggetto-scartato da uno dei tanti smantellamenti di tetti sottoposti a una violentissima grandinata avvenuta la scorsa estate; una delle tante tegola ma non una qualunque, poiché recuperata, per pura causalità, da una casa in cui ho avuto modo di trascorrere la mia infanzia. Un oggetto, quindi, da cui separarsi a più livelli.

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