
Sara Rinaldi (1990) è un’artista visiva con base tra Lucca e Milano. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Bologna concentrandosi su arti performative, fotografia e video proseguendo poi con un master in fotografia documentaria al D.O.O.R di Roma a cura di Massimo Mastrorillo.
Da sempre affascinata da tematiche di identificazione generazionale e da suggestioni legate all’adolescenza, la sua ricerca, servendosi principalmente del mezzo fotografico e della scrittura, si concentra sugli infiniti incastri tra il mondo onirico e il reale, sullo spazio liminale che esiste tra visione e allucinazione e sull’intercettazione e indagine dell’incongruo nella sfera del quotidiano e del familiare.
Nel 2018 è stata scelta da ARTPIL tra le 30under30 donne fotografe e ha esposto a Parigi nella collettiva curata da artpil durante la Paris Photo Week. Nel 2021 è stata selezionata tra i 100 migliori fotografi emergenti da Fresh Eyes Photo e GUP Magazine, sempre nel 2021 è tra gli artisti selezionati per il festival Photo Solstice #3 in Barbagia. Nel 2023 partecipa alla seconda edizione del Liquida Photofestival nella collettiva “Better days will come” e alla collettiva “Wildness” del Charta Festival curato da Yogurt Magazine.
Letters I never sent (2024)
Quando scopre di avere un disturbo borderline di personalità, l’autrice prova un senso di sollievo: improvvisamente, la depressione, gli incidenti e l’incessante ricerca d’amore iniziano ad avere un senso. Nel caos appare un filo rosso che lega tutto. Per mesi si rifugia nei boschi in cerca di pace, ed è lì che nasce questa serie.
Trascina il corpo tra gli alberi, cerca con le mani di costruirsi un nido. Nel bosco recupera un tempo lungo, impara a perdonare; lì scrive per dare forma all’amore, alla rabbia, alla perdita. Nel bosco ripulisce lo sguardo e trasforma deliri e preghiere storte in suoni buoni.
Si interroga su ciò che si perde e su cosa accade quando qualcosa si allontana da noi. Come fa un desiderio che cade? Dove si attacca ciò che cola via? Cosa tocca? Dove vanno le cose perse e cosa vedono quando si allontanano da noi? Scrivere lettere – a persone reali, immaginate o sconosciute – è sempre stato un modo per l’autrice per modulare un’emotività disordinata e poco preparata al mondo. Nel tempo ne ha accumulate innumerevoli, la maggior parte mai inviate.
Questa serie, ancora in corso, affonda le radici nella sua storia, ma si lascia attraversare da altri corpi e sguardi. È riscoperta di un’emotività ingombrante, accettazione dei suoi eccessi e delle sue asperità. È una ballata, un diario raccolto su se stesso, talvolta ribelle, poi domato. Ma, soprattutto, è un atto di cura: una ricerca di nuovi sguardi e nuovi sensi, un modo per muoversi avanti e indietro nel tempo.


